In un procedimento di separazione tra ex-coniugi, la Corte d’Appello di Firenze con sentenza del 7/6-27/6/2013, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Pistoia, rigettava la domanda di addebito proposta dal marito nei confronti della moglie. Il marito successivamente ricorreva in Cassazione. La Corte di Cassazione nell’esaminare il ricorso, richiama la giurisprudenza consolidata (tra le altre, Cass. n. 9074 del 2011 e 2059 del 2012) per cui, per la pronuncia di addebito nella separazione, è necessaria non solo l’esistenza di una violazione degli obblighi tra coniugi nascenti dal matrimonio, ai sensi dell’art. 143 c.c., ma pure quella di uno stretto rapporto di causalità tra tale violazione e l’elemento della intollerabilità della convivenza. Ciò in generale per qualsiasi violazione degli obblighi, ivi compreso quello di fedeltà. Diversa peraltro è la situazione, nella specie dedotta, dell’allontanamento del coniuge dalla casa coniugale, che, se non assistito da una giusta causa, costituisce violazione dell’obbligo di convivenza: viene meno in tal senso da parte del richiedente l’obbligo di provare il rapporto di causalità tra la violazione e l’intollerabilità della convivenza; sarà l’altra parte a dover provare la giusta causa dell’allontanamento che potrebbe consistere in un comportamento negativo del coniuge o magari in un accordo tra i due coniugi per dare vita, almeno temporaneamente, ad una separazione di fatto, in attesa di una successiva formalizzazione. La Corte di Cassazione pertanto da ragione all’ex-marito, la fuga della donna costituisce in sé inosservanza dell’obbligo di convivenza, spetta all’ex-moglie dimostrare la giusta causa che abbia determinato l’allontanamento dall’abitazione familiare. (Corte di Cassazione, sez. Sesta Civile, ordinanza n. 25966 del 15 dicembre 2016 – Presidente/Relatore Massimo Dogliatti).
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