La Corte di Cassazione ha affermato il principio di diritto secondo cui: “In tema di divorzio, qualora le parti, in sede di regolamentazione dei loro rapporti economici, abbiano convenuto di definirli in un’ unica soluzione, come consentito della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 8, attribuendo al coniuge che abbia diritto alla corresponsione dell’assegno periodico previsto nello stesso art. 5, comma 6, una determinata somma di denaro o altre utilità, il cui valore il Tribunale, nella sentenza che pronuncia lo scioglimento del matrimonio, abbia ritenuto equo ai fini della concordata regolazione patrimoniale, tale attribuzione, dipendentemente dal nomen iuris che gli ex coniugi le abbiano dato nelle loro pattuizioni, deve ritenersi adempitiva di ogni obbligo di sostentamento nei confronti del beneficiario, ovendosi, quindi, escludere che costui possa avanzare, successivamente, ulteriori pretese di contenuto economico e, in particolare, che possa essere considerato, all’atto del decesso dell’ex coniuge, titolare dell’assegno di divorzio, avente, come tale, diritto di accedere alla pensione di reversibilità o (in concorso con il coniuge superstite) a una sua quota.
(Corte di Cassazione – Sez. L n. 9054/2016).
Pertanto niente reversibilità alla ex coniuge che sceglie la casa (conferimento in unica soluzione) anziché l’assegno.