Ad inizio anno 2019 la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 21, ha preso in esame la questione del demansionamento professionale. Il demansionamento era stato valutato dai giudici, con argomentazioni logiche e congrue, che vi era stata una chiara dequalificazione della posizione e dell’inquadramento professionale del XXXXXXX, quadro di secondo livello (a cui corrispondeva il ruolo di “professional” e di responsabile di struttura), che nel passato aveva svolto anche le funzioni di vice direttore e a cui erano state invece assegnate mansioni corrispondenti di fatto alla qualifica B o C e, cioè, di responsabile di una unica unità operativa nel settore “pacchi in transito” (con compiti ridotti al mero controllo della sussistenza dei pacchi e dei riepiloghi mensili).
Per quanto riguarda la valutazione delle prove, principio, espresso dall’art. 116 cpc, il giudice civile può apprezzare discrezionalmente gli elementi probatori acquisiti e ritenerli sufficienti per la decisione, attribuendo ad essi valore preminente e così escludendo implicitamente altri mezzi istruttori richiesti dalle parti; il relativo apprezzamento è insindacabile in sede di legittimità, purché risulti logico e coerente il valore preminente attribuito, sia pure per implicito agli elementi utilizzati (cfr. Cass. Sez. Un. 14.12.1999 n. 898; Cass. 5.3.2002 n. 3125).
Il danno da demansionamento non è in re ipsa (in se stesso), tuttavia la prova di tale danno può essere data, ai sensi dell’art. 2729 cc, anche attraverso la allegazione di presunzioni gravi, precise e concordanti, sicché a tal fine possono essere valutati, quali elementi presuntivi, la qualità e la quantità dell’attività lavorativa svolta, il tipo e la natura della professionalità coinvolta, la durata del demansionamento, la diversa e nuova collocazione lavorativa assunta dopo la prospettata qualificazione (cfr. Cass. n. 14729/2006; Cass. n. 29832/2008). Infatti la Corte di merito, in adesione al suddetto principio, nel qualificare e liquidare i danni, ha valutato le condotte obiettivamente mortificanti patite dalla lavoratrice (estromissione dalla commissione esaminatrice per un concorso interno addirittura con sostituzione di una dipendente dell’Area Operativa, il parallelo avanzamento in carriera di dipendenti con qualifica inferiore, il silenzio datoriale in risposta alle legittime richieste di mansioni adeguate alla qualifica, le compromesse documentate condizioni di salute fisica e psichica concausalmente riconducibili al disagio prodotto alla xxxxxxxxx nell’ambito lavorativo: il tutto unitamente alla minore ampiezza qualitativa e quantitativa delle nuove mansioni affidate che avevano determinato una depauperazione del bagaglio professionale già raggiunto dalla dipendente).
Quanto sopra è stato indicato dall’ordinanza n. 21 sezione Lavoro Civile del 3 gennaio 2019.
Scarica in pdf in l’ordinanza della Cassazione n. 21 del 3 gennaio 2019: Corte di Cassazione ordinanza n. 21 del 2019