Non si è trattata della mera violazione delle disposizioni dettate in materia di “formalità prescritte per la rilevazione ed il controllo delle presenze” bensì, come ha correttamente ritenuto la Corte territoriale, “un comportamento gravemente irregolare ed assolutamente anomalo, oltre che inadempiente agli obblighi inerenti il proprio ufficio, e contrario agli interessi del datare di lavoro, che si presenta idonea anche alla luce del “disvalore ambientale” che lo stesso assume con particolare riguardo al contesto lavorativo in cui si dispiegava l’attività, a ledere in misura significativa il vincolo fiduciario che, in un’azienda di rilievo, assume profili di speciale rilievo”. La decisione di conferma della legittimità del licenziamento intimato dal datore di lavoro – dandone atto, con congrua motivazione – attraverso un’attenta valutazione da un lato della gravità dei fatti addebitati al lavoratore, in relazione alla portata oggettiva e soggettiva dei medesimi, alle circostanze nelle quali sono stati commessi ed all’intensità dell’elemento intenzionale, dall’altro della proporzionalità fra tali fatti e la sanzione inflitta, rilevando che la lesione dell’elemento fiduciario su cui si basa la collaborazione del prestatore di lavoro è stata in concreto tale da giustificare la massima sanzione disciplinare, in conformità con il costante orientamento di questa Corte in materia di cui costituisce coronario il principio dell’autonomia della valutazione di un fatto in sede disciplinare e delle prove ivi accolte, rispetto a quella effettuata in sede processuale”. Pertanto il dipendente che ha leso irrimediabilmente e gravemente il vincolo fiduciario sussistente nei confronti del datore di lavoro viene licenziamento per giusta causa. (Cassazione Sezione Lavoro sentenza n. 10842 del 25.5.2016).

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