Lo Straining si assimila ad una situazione lavorativa conflittuale di stress forzato – accresciuto dall’allontanamento del lavoratore, nonché anche dall’invio di lettere di scherno diffuse in cui il lavoratore avrebbe subito azioni ostili anche se limitate nel numero e in parte distanziate nel tempo (quindi non rientranti, tout court, nei parametri del mobbing) ma tali da provocare in lui una modificazione in negativo, costante e permanente, della situazione lavorativa, atta ad incidere sul diritto alla salute, costituzionalmente tutelato, essendo il datore di lavoro tenuto ad evitare situazioni “stressogene”che diano origine ad una condizione che, per caratteristiche, gravità, frustrazione personale o professionale, altre circostanze del caso concreto possa presuntivamente ricondurre a questa forma di danno anche in caso di mancata prova di un preciso intento persecutorio (sul punto, Cass. n. 3291 del 2016).
Questo stress forzato, secondo la giurisprudenza di legittimità, (cfr.Cass. n. 3291 del 2016 cit.) può anche derivare, tout court, dalla costrizione della vittima a lavorare in un ambiente di lavoro ostile, per incuria e disinteresse nei confronti del suo benessere lavorativo con conseguente violazione da parte datoriale del disposto di cui all’art. 2087 cod. civ.
Pertanto per la Corte di Cassazione indica che il datore di lavoro è obbligato a scongiurare situazioni “stressogene” sul posto di lavoro, che ricadano sul diritto alla salute anche in mancanza di un preciso intento persecutorio (straining) come indicato nella recente ordinanza 7844/2018.
Ordinanza n. 7844/2018 Cassazione Civile – Sezione Lavoro: Cassazione Ordinanza n. 7844 2018