Di recente la Corte di Cassazione ha preso in esame la problematica dei messaggi di posta elettronica nella casistica se hanno o meno valenza probatoria. La Cassazione, sezione lavoro, ha esaminato tale problematica in una sentenza impugnata che fondava la illegittimità del licenziamento su due ordini di argomentazioni: la dubbia valenza probatoria delle e-mail aziendali e la inattendibilità dei testimoni che, in quanto coinvolti nella vicenda concreta, avrebbero avuto interesse ad attribuire ad altri le responsabilità dell’accaduto. Con particolare riferimento ai messaggi di posta elettronica, la corte territoriale escludeva la valenza probatoria dei documenti sul presupposto di una possibilità astratta di alterazione, non trattandosi di corrispondenza elettronica certificata o sottoscritta con firma digitale che garantisce l’identificabilità dell’autore e la sua integrità ed immodificabilità.
La Cassazione, sezione lavoro, nella sentenza del 8 marzo 2018, n. 5523 definisce che il messaggio di posta elettronica è riconducibile alla categoria dei documenti informatici, secondo la definizione che di questi ultimi reca l’art. 1, comma 1, lett. p), del D. Lgs. nr. 82 del 2005 (documento informatico: il documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di atti, fattio dati giuridicamente rilevanti), riproducendo, nella sostanza, quella già contenuta nell’art. 1, comma 1, lett. b) del DPR nr. 445 del 2000. Quanto all’efficacia probatoria dei documenti informatici, l’art. 21 del medesimo D.Lgs., nelle diverse formulazioni, ratione temporisvigenti, attribuisce l’efficacia prevista dall’articolo 2702 del cod. civ. solo al documento sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale, mentre è liberamente valutabile dal giudice, ai sensi dell’art. 20 D.Lgs 82/2005, l’idoneità di ogni diverso documento informatico (come l’e-mail tradizionale) a soddisfare il requisito della forma scritta, in relazione alle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità ed immodificabilità.
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Scarica in pdf la sentenza della Cassazione Civile, sezione lavoro, del 08/03/2018 n° 5523: Cassazione sentenza n. 5523 del 2018