La Corte di Cassazione a novembre 2020 ha esaminato un caso di utilizzo di un Keylogger da parte di un coniuge (ex marito) nei confronti dell’altro coniuge (ex moglie) che gli ha permesso di intercettare la corrispondenza informatica di quest’ultima. Si ricorda che il Keylogger è uno strumento hardware o software in grado di intercettare e catturare segretamente tutto ciò che viene digitato sulla tastiera senza che l’utente si accorga di essere monitorato.
In particolare il caso esaminato dalla Cassazione vedeva la contestazione rivolta al ex marito di avere installato e configurato un programma informatico tramite il quale egli fraudolentemente aveva intercettato e preso cognizione di messaggi, fotografie e e-mail indirizzate alla moglie, nonché di avere preso cognizione di comunicazioni pervenute alla moglie tramite posta elettronica per poi utilizzarne il contenuto nella causa civile intentata innanzi al Tribunale di Roma (causa di separazione personale dei coniugi).
La Cassazione, con la sentenza sotto indicata, puntualizza che gli artt. 617-bis e 617-quater c.p. richiedono entrambi che le condotte in essi descritte siano attuate ‘fraudolentemente’, ossia con modalità tali da rendere non percettibile o riconoscibili le condotte stesse, che avvengono all’insaputa del soggetto che è parte della comunicazione; se l’agente ha reso manifesta la volontà di installare lo strumento che consente di intercettare la comunicazione e quindi di procedere all’intercettazione delle comunicazioni, prima che l’azione sia posta in essere, il reato è escluso.
Il ricorrente ha sostenuto con il suo appello che l’installazione del programma che consentiva l’intercettazione delle attività di navigazione in internet era conosciuta alla moglie, in quanto attuata di comune accordo molti anni prima allo scopo di controllare la navigazione su internet della figlia minore per impedire che la stessa potesse utilizzare il computer per accedere a contenuti inappropriati, considerata la sua età; il programma informatico installato non consentiva di distinguere tra i vari utenti del sistema.
Inoltre a quanto sopra indicato la Cassazione ha anche affermato che la produzione di documenti ottenuti illecitamente, tramite la lesione di un diritto fondamentale, può essere scriminata per giusta causa, ai sensi dell’art. 616 c.p., comma 2, laddove costituisca l’unico mezzo per contestare le pretese della controparte e l’imputato riesca a dar prova della circostanza per accertare, esercitare, difendere un diritto in sede giudiziaria.
In conclusione, per quanto sopra indicato dalla Cassazione, possiamo affermare che non commette reato penale colui che produce in giudizio documenti ottenuti illecitamente tramite l’installazione di un keylogger sul computer della persona offesa, qualora sussistano le seguenti peculiarità:
- l’installazione concordata del programma informatico sul pc di famiglia;
- il fatto che la successiva divulgazione dei contenuti sia avvenuta nell’ambito di un processo giudiziario in tribunale.
Pertanto intercettare comunicazioni o conversazioni telegrafiche è lecita se la vittima ne è a conoscenza e la sua privacy non sarà violata se i suoi dati personali verranno trattati per l’esercizio di un diritto nelle opportune sedi giudiziarie.
Scarica in pdf l’Ordinanza della Corte di Cassazione n. 30735 Sez. V Penale del 4 novembre 2020: Corte di Cassazione Sentenza n. 30375 del 2020
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