Il Tribunale di Firenze ha recentemente ordinato il sequestro delle criptovalute / criptomonete contenute nei portafogli collegati all’exchange italiano Bitgrail. La decisione delle autorità italiane è stata annunciata al pubblico con una nota stampa sul medesimo sito istituzionale dell’exchange, nella quale si afferma, in modo molto diretto, che “in data 18 Giugno 2018, in forza dei provvedimenti del Tribunale di Firenze, gli XRB contenuti nei wallet della società sono stati sequestrati e posti sotto il controllo dell’autorità giudiziaria, in attesa di ulteriori provvedimenti del Tribunale di Firenze nel giudizio prefallimentare”.
Tale sequestro è uno dei più consistenti nella storia italiana delle criptovalute. Nei giorni scorsi l’equivalente di 15 milioni di euro in bitcoin sono stati fisicamente spostati dalla piattaforma di cambio italiana di criptovalute BitGrail su un nuovo indirizzo, in attuazione del provvedimento dello scorso maggio del tribunale di Firenze, che disponeva il blocco della piattaforma, il sequestro del suo patrimonio, e la nomina di un curatore e custode dello stesso.
Il coadiutore tecnico del curatore, nominato dal tribunale di Firenze, nell’intento di spiegare tecnicamente come è avvenuto il sequestro fisico del wallet (portafoglio) di bitcoin, ha dichiarato recentemente all’agenzia giornalistica AGI quanto segue: “è stato creato un wallet (portafoglio) bitcoin la cui proprietà è del tribunale, e nell’atto di creazione del wallet sono state prese misure per evitare che chi ha partecipato potesse usare, visionare o ricostruire a posteriori le chiavi, che sono state depositate in un luogo sicuro intestato al tribunale, lo stesso posto in cui vengono tenuti lingotti d’oro od opere di valore. Abbiamo ricondotto un sequestro digitale di criptomonete alle modalità di un sequestro fisico di contante o preziosi, per il quale l’autorità giudiziaria possiede metodi consolidati di conservazione e controllo”.
Per quanto ordinato dal Tribunale il fondatore di Bitgrail Francesco Firano ha dichiarato quanto segue:
- su Twitter il 16 giugno 18: “se non l’aveste capito, io non ho più accesso ai fondi depositati su bitgrail. Sono stati sequestrati a seguito delle azioni legali promosse da Espen Enger. È inutile che continuiate a contattarmi, ormai io non posso fare più niente. Dovrete aspettare il tribunale”.
- Su Twitter il 19 giugno 18: “Oggi sono stati trasferiti anche i NANO dagli address BitGrail a quelli del Tribunale di Firenze. Il tutto sotto la supervisione anche di due membri del team NANO”.
Gli ex-clienti di Bitgrail Exchange,intenti a recuperare le loro criptovalute, appresala notizia del sequestro, devono adesso confidare nell’operato del Tribunale di Firenze, sperando che questo prima o poi sblocchi i fondi.
L’aspetto interessante di questi ultimi fatti, dal punto di vista del diritto, è proprio il sequestro dei wallet (portafoglio di criptovalute). In questo caso la magistratura ha considerato i wallet come “beni di proprietà”, per i quali il sequestro è una procedura standard. Sulla falsa riga di quanto già avvenuto all’estero, da parte di vari tribunali, che hanno optato per la soluzione di considerare i wallet “beni di proprietà”.
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Non è stata data alcuna motivazione per il sequestro?