L’installazione in azienda, da parte del datore di lavoro, di impianti audiovisivi (che è assoggettata ai limiti previsti dall’art. 4 dello Statuto dei lavoratori) deve essere preceduta dall’accordo con le rappresentanze sindacali; con l’ulteriore conseguenza che è identificabile in tale fattispecie un comportamento antisindacale del datore di lavoro, reprimibile con la speciale tutela approntata dall’art. 28 dello Statuto dei lavoratori (Sez. L, n. 9211 del 16/09/1997, Rv. 508047 – 01). Con questa pronuncia è stato dunque chiarito che l’assenso delle rappresentanze sindacali è previsto per legge come uno dei momenti essenziali della procedura sottesa all’installazione degli impianti, derivando da ciò l’inderogabilità e la tassatività sia dei soggetti legittimati e sia della procedura autorizzativa di cui all’art. 4 Statuto dei lavoratori.
A questo proposito, va rilevato che, sotto la vigenza dell’originario art. 4 della legge 20 maggio 1970 n. 300, ma con orientamento pienamente valido anche a seguito della novella di cui all’art. 23, D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 151, la giurisprudenza di legittimità aveva significativamente affermato come l’art. 4 cit. vietasse il controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, anche inteso nel senso di mera possibilità di controllo ad insaputa del prestatore di opera, tanto nell’ipotesi dell’installazione di impianti finalizzati al controllo a distanza quanto delle apparecchiature predisposte per fini produttivi, ma comunque tali da presentare la possibilità di fornire anche il controllo a distanza del dipendente, rilevando come, mentre le apparecchiature finalizzate al mero controllo a distanza della prestazione lavorativa fossero assolutamente vietate, data la loro odiosità, il loro contrasto con i principi della Costituzione ed il danno che possono arrecare alla stessa produttività del lavoratore, quelle di cui al secondo comma fossero consentite, se ed in quanto il datore di lavoro avesse osservato quanto tassativamente previsto dall’art. 4, senza che peraltro il lavoratore potesse reagire al di fuori dei mezzi di tutela apprestati da tale ultima disposizione (Sez. L, n. 1236 del 18/02/1983, Rv. 426020 – 01). E’ peraltro significativo osservare, sul punto, che lo stesso Garante per la protezione dei dati personali ha più volte ritenuto illecito il trattamento dei dati personali mediante sistemi di videosorveglianza, in assenza del rispetto delle garanzie di cui all’art. 4, comma 2, Stat. lav. e nonostante la sussistenza del consenso dei lavoratori (cfr. relazione Garante per la protezione dei dati personali, per l’anno 2013, pubblicata nel 2014). Da tutto ciò deriva come non abbia alcuna rilevanza il consenso scritto o orale concesso dai singoli lavoratori, in quanto la tutela penale è apprestata per la salvaguardia di interessi collettivi di cui, nel caso di specie, le rappresentanze sindacali, per espressa disposizione di legge, sono portatrici, in luogo dei lavoratori che, a causa della posizione di svantaggio nella quale versano rispetto al datore di lavoro, potrebbero rendere un consenso viziato. La protezione di siffatti interessi collettivi, riconducibili nel caso di specie alla tutela della dignità dei lavoratori sul luogo di lavoro in costanza di adempimento della prestazione lavorativa, non viene meno in caso di mancato accordo tra rappresentanze sindacali e datore di lavoro, dovendo quest’ultimo comunque rimuovere l’impedimento alla installazione degli impianti attraverso il rilascio di un’autorizzazione che rientra nelle competenze di un organo pubblico, cui spetta di controllare l’interesse datoriale alla collocazione degli impianti nei luoghi di lavoro per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale. Pertanto la sentenza della Corte di Cassazione Sez. 3 Penale n. 22148 del 2017 ha stabilito che l’installazione di un impianto di videosorveglianza senza il preventivo accordo sindacale (o senza l’autorizzazione amministrativa equivalente) è un reato penale, anche se i singoli lavoratori hanno acconsentito all’utilizzo di tale apparecchio.
Scarica in pdf la sentenza della Corte di Cassazione n. 22148 del 2017: Corte di Cassazione n. n. 22148 del 2017