Come è noto WhatsApp è un’applicazione informatica (App) di messaggistica istantanea, creata nel 2009 e facente parte dal 2014 del gruppo Facebook. Questa App viene sempre più utilizzata, da un maggior numero di pubblico, per scambiare messaggi di testo, immagini, video e file audio, nonché informazioni sulla posizione, documenti e informazioni di contatto.
La nota App di messaggistica, alla voce “Età” specifica quanto segue: “Se risiede in un Paese nella Regione europea, l’utente deve avere almeno 16 anni per utilizzare i nostri Servizi (o l’età superiore necessaria nel suo Paese affinché sia autorizzato a registrarsi e a usare i nostri Servizi). Se risiede in qualsiasi altro Paese ad eccezione di quelli nella Regione europea, l’utente deve avere almeno 13 anni per utilizzare i nostri Servizi (o l’età superiore necessaria nel suo Paese affinché sia autorizzato a registrarsi e a usare i nostri Servizi). Oltre ad avere l’età minima richiesta per usare i nostri Servizi in base alle leggi applicabili, ove l’utente non abbia l’età richiesta per poter accettare i Termini nel suo Paese, il suo genitore o il suo tutore devono accettarli a suo nome”.
Spesso WhatApp viene utilizzata da persone minorenni, per tanto nasce l’obbligo da parte dei genitori di educare, controllare e vigilare i minori nell’uso corretto dei mezzi offerti dalla moderna tecnologia. Infatti oggi e in particolare in quest’ultimo periodo, è sempre più frequente l’utilizzo da parte dei minori di internet e in generale degli strumenti di comunicazione telematica, al fine di acquisire notizie e di esprimere le proprie opinioni. I pericoli per gli stessi minori derivanti dall’anomalo utilizzo dei suddetti mezzi, pone la necessità di una adeguata formazione di questi ultimi all’utilizzo della rete telematica. A proposito di ciò una sentenza del Tribunale di Caltanissetta, ha indicato di recente una linea inconfondibile sulla responsabilità genitoriale in ordine ai nuovi strumenti di comunicazione telematica.
Il caso esaminato dal Tribunale di Caltanissetta, a seguito di un procedimento aperto dai Carabinieri, vede un minore, che utilizzando la chat istantanea di WhatsApp, minacciava una sua coetanea con messaggi continui. Tale condotta generava nella vittima uno stato di ansia e di preoccupazione/paura, costringendo la minorenne a modificare le proprie abitudini di vita, per il fondato timore e per l’incolumità propria e dei propri cari.
Il Tribunale nell’esaminare la vicenda indica quanto segue:
- il minore è esposto a pericoli nell’uso della rete telematica, rende quindi necessaria una tutela degli stessi, indipendentemente poi dalle competenze digitali da loro maturate;
- gli obblighi inerenti la responsabilità genitoriale impongono non solo il dovere di impartire al minore una adeguata educazione all’utilizzo dei mezzi di comunicazione, ma anche di compiere un’attività di vigilanza sul minore per quanto concerne il suddetto utilizzo;
- l’educazione si pone in funzione strumentale rispetto alla tutela dei minori al fine di prevenire che questi ultimi siano vittime dell’abuso di internet da parte di terzi. L’educazione deve essere, inoltre, finalizzata a evitare che i minori cagionino danni a terzi o a sé stessi mediante gli strumenti di comunicazione telematica;
- i genitori sono tenuti non solo ad impartire ai propri figli minori un’educazione consona alle proprie condizioni socio-economiche, ma anche ad adempiere a quell’attività di verifica e controllo sulla effettiva acquisizione di quei valori da parte del minore.
Pertanto per quanto sopra indicato il Tribunale, in linea con la giurisprudenza di merito, ha affermato che il dovere di vigilanza dei genitori deve sostanziarsi in una limitazione sia quantitativa che qualitativa di quell’accesso, al fine di evitare che quel potente mezzo fortemente relazionale e divulgativo possa essere utilizzato in modo non adeguato da parte dei minori. Nel caso specifico, all’anomala condotta posta in essere dal minore, avuto riguardo anche alla pericolosità del mezzo utilizzato, il Tribunale incarica i servizi sociali competenti per territorio a svolgere un’attività di monitoraggio e supporto del giovane e della madre di quest’ultimo anche al fine di verificarne le capacità educative e di vigilanza della stessa.
Come si evince dalla sentenza, spetta ai genitori la gestione su l’educazione e controllo dei mezzi tecnologici come WhatsApp, per prevenire ogni forma di cyberbullismo.
Scarica in pdf la sentenza del Tribunale di Caltanissetta del 3 marzo 2020: Sentenza del 8 ottobre 2019 del Tribunale di Caltanissetta sentenza depositata 18 ottobre 2019
Lo studio legale MOLEGALE (cell./WhatsApp +39 3386008414) offre assistenza legale sul Diritto delle nuove Tecnologie e su tutte le tematiche ad esso collegate (diffamazione on-line, adescamento on-line, fisching, cybersquatting, cyberbullismo, sexting, estorsione on-line, fake-news, violazione della privacy online, diffusione online di foto e video riprese senza il consenso dell’interessato, truffe E-commerce ecc.). Se vuoi assistenza legale puoi proporci il tuo caso scrivendo nella seguente pagina: https://www.molegale.it/contatti/